PROLOGO CELESTE. NELL’ATELIER DI ANSELM KIEFER CON VINCENZO TRIONE
Cammini, ed è come smarrirsi tra i sogni e le intenzioni di un pittore. A Croissy, si coglie il senso di quella che resta una nostra ineliminabile, quasi ontologica, condizione: siamo condannati a essere nel progetto. La vita di ogni uomo è sempre segnata da quell’inclinazione a pianificare, a discutere, a cancellare, a rivedere e a riarticolare ipotesi che conduce verso una dimensione parallela ed eterogenea, disconnessa e fuori sincronia rispetto al normale scorrere del tempo. Si tratta di esercizi di pre-visione, che ci sottraggono alle tentazioni del finito e agli obblighi della comunicazione. Proposte che hanno l’ambizione di modificare il ritmo lineare del mondo, annunciando un avvenire possibile, diverso.
LUCE UZBEKA. RACCONTO DI LUCIE AZEMA CON FOTOGRAFIE DI HASSAN KURBANBAEV
È il paesaggio ad avermi attirato come un’amante in Asia centrale. Ricordo le lezioni di geografia, a scuola, quando si dovevano colorare i mari di blu, le montagne di rosso, la savana di verde e… le steppe? Di che colore? Forse gialle. Nella mia immaginazione, dovevo colorare la steppa di giallo con un grande pennello. In fondo, non ero poi così lontana dalla realtà.
LUCIE AZEMA IN CONVERSAZIONE CON VALENTINA PIGMEI SUL TÈ E I SUOI SIGNIFICATI
Il tè porta con sé l’euforia dell’avventura e dell’incontro, ma paradossalmente si beve in momenti di calma sedentaria, sospesi nel tempo. L’avventura non è un movimento continuo nello spazio; richiede soste, oasi. A volte ci sono momenti più difficili, con soste non concordate. È così che il tè porta con sé la storia della nostra umanità; ed è questa tensione tra nomadismo e sedentarietà, con cui tutti ci confrontiamo, che ho voluto esplorare attraverso L’usage du tè.
ANNA BOGHIGUIAN IN CONVERSAZIONE CON FRANCESCA VERGA (SULLA CREAZIONE)
[Se finisco le immagini] vado nel luogo in cui la situazione è accaduta. Vado a vivere la situazione, non con l’immaginario ma nel regno del reale. Oppure cerco un ambiente che sia in qualche modo simile alla situazione che si legge nel testo. Per esempio, se qualcuno parla dell’oceano e nella mia mente non ci sono più immagini dell’oceano, vado fisicamente verso l’oceano e lo guardo. Allora le immagini aumentano e mi diventano più chiare.
NIENTE PIÙ CHE L’ESISTERE. RACCONTO DI ACHILLE FILIPPONI CON FOTOGRAFIE DI LUCA DE SANTIS
Non sono poggiate sul suolo, qui le case sembrano uscire fuori dalla terra, come l’asse verticale di una croce acuminata a cui manca il pezzo orizzontale per completarsi. Da fuori hanno gli occhi, finestrelle da soffitta, in coppia. Se sei dentro non ti proteggono, se sei fuori ti osservano.
IL GIARDINO DEI PIXEL. VIAGGIO NEI MOSAICI DI TIVOLI A CURA DI LUCA TREVISANI
Niente di nuovo sotto il sole, in fin dei conti, l’eterno discorso della realtà e della sua rappresentazione. Ma il pixel è solo l’ultimo e il più fresco aggiornamento di un paradigma antico come il mondo, quello di creare immagini tramite l’assemblaggio di piccoli pezzi, dell’organizzazione e della composizione di disegni frammentati in sintagmi accumulati con ordine e rigore. Un pixel è un grumo discreto di colore e luce, posto all’incrocio tra una riga e una colonna, proprio come una maglia fatta all’uncinetto, o un punto croce, o come una tessera di un mosaico antico, o come dicono vedano le mosche, con i loro fari compositi, fatti di migliaia di piccole lenti, che catturano un angolo parziale e preciso dello spazio circostante.
L’ETICA DEL VIANDANTE DI UMBERTO GALIMBERTI
A differenza del viaggiatore che, anche quando si sposta, non esce mai dal suo mondo abituale e quindi dalle sue abitudini, il viandante ci invita a esporci all’insolito dove è possibile scoprire, ma solo per una notte o per un giorno, come il cielo si stende su quella terra, come la notte dispiega nel cielo costellazioni ignote, come la religione aduna le speranze, come la tradizione fa popolo, la solitudine fa deserto, l’iscrizione fa storia, il fiume fa ansa, la terra fa solco, in quella rapida sequenza con cui si succedono le esperienze del mondo che sfuggono a qualsiasi tentativo che cerchi di fissarle e di disporle in successione ordinata, perché, al di là di ogni progetto orientato, il viandante sa che la totalità è sfuggente, che il non-senso contamina il senso, che il possibile eccede sul reale e che ogni progetto che tenta la comprensione e l’abbraccio totale è follia.
UN FRAMMENTO. RACCONTO DI DAVIDE COPPO CON FOTOGRAFIE DI DELFINO SISTO LEGNANI
Passa un’ora e mezza a cercare tra le colonne la nicchia giusta che accoglierebbe il suo pezzetto. È color mattone, e le colonne sembrano le stesse. E poi cosa farebbe? Niente, si dice, è solo per mettere un pezzo al suo posto. Dopo tutti quegli anni, dopo migliaia di chilometri, dopo tutti quei ricordi. Non lo trova. Fa molto caldo e ci sono dei turisti che fanno canti e suonano tamburelli tutti vestiti di bianco e si arrampicano sulla Piramide del Sole. Gli tocca rinunciare.
LUCI NEL CIELO DI FERNANDA MELCHOR
Io non feci altro che pensare a che fortuna fosse che Veracruz era lontana dalla rotta dell’eclissi totale, perché sapevo che non sarei mai riuscita a evitare di fissare quell’inquietante sole scuro, e verosimilmente il suo bagliore intenso avrebbe fatto liquefare i miei occhi come cera; o quanto meno questo è ciò che immaginai.