Abruzzo

Testo di Alessio Romano
Fotografie di Paolo Zerbini

Perché in Abruzzo? 

Il Viaggiatore è appena arrivato in Abruzzo. Perché ha scelto proprio questa regione d’Italia? L’Abruzzo o meglio ancora gli Abruzzi, un plurale usato per chiamare questa regione, in fondo così piccola, quando era ancora unita alla sua sorellina minore: quel Molise ancora più piccolo, miniatura di una miniatura. 

Un plurale quasi a rimarcare la natura bipolare e schizofrenica di una terra al tempo stesso di mare e di montagna, abitata solo da eredi di pastori e marinai, pescatori e contadini. Perché il Viaggiatore è così lontano dalle città d’arte più famose, a sud di Venezia e Firenze, a est di Roma, a nord di Napoli e Matera? Perché non ha scelto le coste della dirimpettaia Croazia?

Difficile siano stati affari urgenti a portare il Viaggiatore in questa terra nascosta così bene dall’affetto parallelo degli Appennini e dell’Adriatico. Qui c’è ricchezza solo di sinestesie per storie mai assaggiate, colori mai uditi e sapori mai visti. Ma se fosse proprio un incarico lavorativo in una terra così selvaggia allora il Viaggiatore proverebbe la stessa meraviglia del giovane avvocato Jonathan Harker inviato in Transilvania prima dell’incontro con il Conte Dracula, quella sua stessa impressione “di un girovagare in una regione piena di bellezze d’ogni genere: paesini e castelli sulla cima di ripide colline così come li vediamo negli antichi messali”. 

Se fosse stagione il nostro Viaggiatore potrebbe essere venuto per una vendemmia: a pigiare l’uva tutta mattina, preparare il mosto per la cottura e poi pranzare tutti assieme, braccianti e proprietari terreni. Il nostro Viaggiatore starà all’aria aperta. Ma soprattutto berrà tanto vino: suggeriamo il Montepulciano d’Abruzzo se ama il rosso e del Pecorino se preferisce il bianco.    

Per amore

Ma se invece fosse stato l’amore? Forse il Viaggiatore è arrivato in questa terra sperduta per una di queste bellissime donne abruzzesi che vivono baciate dal sole, così moderne, così alla moda e frutto meraviglioso e bastardo del miscuglio genetico di geni di dominatori venuti da lontano: marsi, vestini, peligni, marruccini, frentani, piceni, equi, pretuzi, sanniti, latini, visigoti, eruli, bizantini, longobardi, franchi, normanni, ungari, svevi, angioni per non parlar dei saraceni.

Buon per il nostro Viaggiatore se è stato l’amore a portarlo in Abruzzo. Che fortunato: c’è abbondanza di spiagge dorate, altopiani deserti, antiche abbazie e castelli diroccati. Con la complicità di aquile, lupi e orsi sotto cieli non ancora bruciati dall’elettricità del progresso il Viaggiatore innamorato avrebbe gioco facile per sedurre ed essere sedotto. Nel tepore di un rifugio in cima alla montagna o a gustare brodetti di pesce dentro un travocco: un’antica baracca di legno appesa sul mare grazie a un complicato sistema di palafitte e reti che sembra stare su per miracolo, un tempo efficace macchina da pesca e ora rifugio clandestino per cene romantiche sospese sull’acqua. Se le cose andassero a buon fine il Viaggiatore potrebbe approfittare dei confetti della splendida città d’arte di Sulmona. Ne andava matto anche Giacomo Leopardi. 

Per amicizia

E se invece il Viaggiatore fosse qui per raggiunge un suo amico? Nel tempo gli abruzzesi si sono dispersi nel mondo. Una diaspora dovuta prima dalla miseria assoluta delle montagne che ha costretto generazioni a raggiungere le Americhe (scegliamo il plurale anche per queste terre, loro sì, davvero vaste) o la Svizzera o la Germania o la morte nelle miniere del Belgio. Forse il Viaggiatore ha conosciuto qualcuno dei loro figli, forse lo stesso Viaggiatore è un abruzzese di seconda, terza o quarta generazione.

Come lo scrittore americano John Fante che ha cantato la terra d’origine del padre muratore che aveva fatto a scambio tra le montagne d’Abruzzo per quelle, davvero simili, del Colorado. O come la cantante Madonna, chissà se anche lei ogni tanto se ne ricorda di avere le sue origini paterne in quel di Pacentro, un borgo medievale raccolto ai piedi di un castello incantato. Ma forse si tratta di migrazione più recente e di un Viaggiatore che arriva da più vicino. L’esigenza di un lavoro in fabbrica o la vittoria di un concorso pubblico hanno portato altri abruzzesi in tempi più recenti a raggiungere l’Italia del nord. E ancora oggi giovani cervelli studiano fuori sede, fanno carriera e famiglia lontano da qui. È amico di uno di loro il Viaggiatore?

La presenza degli abruzzesi è più discreta di quella di altri gruppi di altre regioni (non hanno una bandiera come i sardi, una lingua segreta come i siciliani o una fede calcistica forte come i napoletani) ma una volta che te ne sai fatto uno come amico, quel sentimento di mutuo soccorso rimarrà integro per tutta la vita. Magari il Viaggiatore incontrerà uno chef stellato come Niko Romito.

O magari scoverà un antico pastore, uno dei pochi rimasti, di quelli tanto cari a Gabriele d’Annunzio, che un tempo a settembre migravano seguendo le sciamaniche vie della transumanza. Siamo sicuri: il Viaggiatore tornerà a casa con volti, strette di mano, brindisi e altri ricordi di amicizie sincere che gli scalderanno il cuore per sempre.

Senza un motivo

C’è un’ultima remota possibilità: che il Viaggiatore non abbia affari qui, né un amore o un amico. Può darsi che non conosca nessuno e non abbia una ragione particolare per arrivare qui. Che lo faccia, cioè, perché il nostro è un Viaggiatore puro.

Non un turista qualsiasi quindi, ma qualcuno in cerca di piste poco battute e bellezze selvagge e solitarie. E qui per svelare il segreto meglio custodito d’Italia. Ma da dove arriverà il nostro Viaggiatore? Se è venuto in macchina ha tre possibilità. Dal nord lungo la costa teramana, dal sud lungo quella incantata dei travocchi di Chieti. E se invece viene dalla capitale, parallelamente alla millenaria strada tiburtina, avrà attraversato il più verde tratto d’autostrada d’Italia, in quel parco verde che è rimasto uno dei pochi polmoni d’Europa.

Ma se viene da lontano facile che il Viaggiatore abbia preso un aereo e se è stato fortunato gli è capitato di sedersi vicino a un oblò. E allora prima ancora di toccarne la terra, se la giornata è stata limpida e durante il volo non ci sono state turbolenze, avrà potuto godere della meraviglia degli Appennini che correndo lungo l’Italia proprio qui danno sfogo di magnificenza. Il Gran Sasso da un lato e la Majella dell’altro: i due giganti padroni assoluti di questa terra.

Qualche consiglio

Quale che sia il motivo del suo arrivo tocca dare un consiglio speciale al nostro Viaggiatore. Se lo merita, ci è simpatico: pochi scelgono l’Abruzzo se prima l’Abruzzo non ha scelto loro. Appena sceso dal suo aereo, se ha pochi giorni, consigliamo al Viaggiatore di prendere una macchina in affitto. Delle coste di Chieti e delle meraviglie dei travocchi abbiamo già detto e siamo sicuri che il Viaggiatore ci darà retta: ci si è già affezionato e ormai si fida. Ma c’è almeno un altro posto che gli vogliamo suggerire. Il vero cuore pulsante d’Abruzzo è nell’aquilano. 

Campo Imperatore, il piccolo Tibet d’Italia, e già prigione inaccessibile per Benito Mussolini negli anni dell’ultima guerra combattuta in Abruzzo quando la Brigata Majella lottava contro i nazisti. Qui il tempo si è bloccato e la natura regna indisturbata. Non stupirti, caro Viaggiatore, se compaiono piccoli borghi in cui ti aspetteresti di incontrare solo hobbit o elfi. Sei a Santo Stefano di Sessanio, una lillipuziana Firenze voluta dai Medici come base per acquistare la lana della pecore abruzzesi.

C’è un albergo diffuso: prendi una stanza e la mattina esci presto. Raggiungerai castelli di una bellezza antica come le rovine di Rocca Calascio. Se ti sembra familiare è perché forse l’avrai già visto al cinema. Qui sono state girate scene dei film Il nome della rosa e Ladyhawke.

E qui, caro il nostro Viaggiatore, l’Abruzzo ti darà il suo meglio. Prendilo e portalo a casa. È un dono prezioso. 

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