Fiorire

Testo di Nicolò Porcelluzzi
Fotografie di Giovanna Silva

I candelieri della basilica di San Francesco in Assisi sono l’opera di cristallai veneziani, artisti del cristallo di rocca da non confondere con i vetrai. Il cristallo di rocca è una varietà incolore di quarzo, detto ialino. Nella prima metà del millennio l’artigianato veneziano si è imposto in tutto il mondo conosciuto; la lavorazione del cristallo di rocca è solo una delle manifestazioni dell’osmosi tra l’isola e l’Estremo Oriente, una rete di scambi poi fioriti all’apice della Repubblica. Scambi che “fioriscono”.

Come possono “fiorire” degli scambi? La risposta più breve è: viaggiando. E parlare di Venezia e viaggi non può prescindere dal Milione: Marco Polo ha votato la sua vita all’altrove, convivendo per decenni accanto a flora, fauna e umanità radicalmente diverse da quelle veneziane. Il risultato è stato un libro. Con il passare degli anni, il racconto di Marco Polo ha iniziato a diluirsi nella leggenda. 

I libri però passano di mano in mano. Ridicolizzato in patria, grazie a Thibauld de Cepoy, ambasciatore a Venezia, il racconto di Marco Polo sborda dai confini della Serenissima per arrivare in Francia, e da lì in tutta Europa e Oriente; i planisferi iniziano a seguire la curva dei ricordi di Marco Polo, la Terra lievita nel mappamondo di Fra Mauro e Cristoforo Colombo parte per le Indie. Le Indie verranno chiamate America, la loro flora, fauna e umanità verranno stravolte per sempre. Cinque secoli dopo, un’astronave propulsa da molti idrocarburi americani sgancerà un modulo lunare sulla superficie dell’unico satellite terrestre: il modulo lunare dell’Apollo 14 allunerà poco a nord del cratere Fra Mauro, tra il Mare Cognitum e il Mare Insularum.

Come molti idrocarburi, il diamante nasce dalla pressione disperata del suolo: è carbonio puro, cristallizzato. Lo stesso carbonio che scalda l’aria, scioglie i ghiacci e scivola sulle paratie del Mose; lo stesso carbonio che espirano i dirigenti impuniti del Consorzio Venezia Nuova, il “soggetto attuatore delle attività per la salvaguardia di Venezia [attraverso la] difesa ambientale”; lo stesso carbonio che lega qualsiasi forma di materia organica. Del diamante non possiamo vedere tutte le facce allo stesso momento, il nostro è uno slancio di fede: crediamo all’idea di diamante senza poterlo esperire con i nostri sensi. 

Vivo Venezia in un perpetuo slancio di fede. A ogni passo che faccio, da anni, si accompagna la certezza di non capirla fino in fondo; ogni mio sguardo è uno spreco, perché sottende a tutte le venezie che non sto guardando in quel momento. Come se in un altrove, salendo un qualche ponte, si presentasse uno scorcio platonico di Venezia, la matrice di marmo da cui la venezianità si origina, replicandosi. Negli anni Venezia mi ha aiutato a capire che da capire fino in fondo non ci può essere niente.

Ora mappandola vado in cerca delle sue origini, della combinazione dei suoi elementi. Venezia è nata dalla paura di chi fuggiva da morte certa e dalla prepotenza di chi ha radicato la sua libertà su un terreno scivoloso, instabile, slabbrato dall’acqua. L’acqua che a Venezia è il tempo, scriverebbe Brodskij. Poi ci troviamo nel 2018 a proiettare il più lontano possibile la sua fine, sedati dallo stesso pensiero magico che ci convince dell’immortalità di chi ci sta vicino. 

I diamanti sono per sempre. I candelieri della basilica di San Francesco in Assisi sono l’opera di cristallai veneziani, artisti del cristallo di rocca da non confondere con i vetrai. Poi c’è stato il terremoto del 1997, la pressione disperata del suolo. Ma la basilica è stata ricostruita, sembra quasi la stessa.

Cose che si scoprono: piazza San Marco era un orto. Oppure: se esiste Fondamenta degli Incurabili è grazie all’invito del Consorzio Venezia Nuova. Adelphi ringrazia “il Consorzio Venezia Nuova per aver consentito questa nuova edizione riveduta e ampliata del testo di Brodskij”; il Consorzio Venezia Nuova è diretta emanazione della cura millenaria della laguna da parte della Repubblica, la secolarizzazione dello Sposalizio del Mare. 

“Ti sposiamo, mare. In segno di vero e perpetuo dominio”.

Con il passare del tempo i veneziani perdono le loro radici; oggi, sembrano quasi gli stessi. E così inizia il Marco Polo di un altro russo, Viktor Šklovskij: “I fuggiaschi costruivano case simili a nidi di uccelli marini, si difendevano dalle onde con ripari di rena e di fascine. Così nacque Venezia. Il mare avanzava e regrediva lasciando una traccia salata e qui si cominciò a estrarre il sale, facendo evaporare l’acqua marina”. Poi inizia lo scambio di sale e legname, e con questo una rete di scambi poi fioriti all’apice della Repubblica, fioriti viaggiando.

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