L’inverno che la luna morì

Testo di Paola Corini
Fotografie di Luca De Santis

“Se mi guardavo intorno, sentivo che l’erba era il paese, come l’acqua è il mare. E c’era così tanta azione, il paese intero sembrava, in un modo o nell’altro, stesse correndo.”

My Ántonia di Willa Cather, 1918.

Eravamo arrivati due sere prima e la nostra valigia non si era presentata sul nastro dell’aeroporto regionale di Rapid City, South Dakota.
Avevamo dovuto aprire la pratica con lo stesso addetto che scaricava le valige e che era uscito per ultimo con disinvoltura e sudore dalla bocca d’acciaio e lingue di plastica del nastro trasporta-bagagli.
“Ne sono arrivate due che aspettavamo ieri, se vi può interessare, vedrete, le vostre arriveranno domani”, disse.
Così col tramonto finimmo al drugstore di Custer, a provarci un paio di Wrangler di denim pesante. Vi ricordate il colore “blue-jeans”?
Gli altri giornalisti avevano già finito di cenare, li avremmo conosciuti a colazione. 

La mattina del Buffalo RoundUp ci svegliarono all’alba per raggiungere i Buffalo Corrals lungo la Wildlife Loop Road, l’unica area per così dire edificata della prateria, con le stalle, i recinti all’aperto, la piccola arena, l’ufficio del Soprintendente del parco. Avevamo un paio d’ore libere per gironzolare, parlare con i fattori e i cowboy.

Ci dividemmo quasi subito, ognuno per sé, non tanto per andare a caccia di storie diverse, piuttosto perché ci conoscevamo appena. Ci imbattevamo continuamente gli uni negli altri, scattavamo le stesse fotografie, ma soprattutto sentivamo il bisogno di dirci continuamente: “È qualcosa di vero, siamo dentro a qualcosa di reale, stamattina c’è una certa atmosfera”. Credo usassimo il verbo “accadere”, avevamo tutti la stessa buona sensazione: stava accadendo qualcosa. 

Ora che ne scrivo, mi vengono in mente certe processioni nei sacrari Shinto del Kansai e come quasi tutta l’emozione si concentrasse nell’attesa, nel fatto che tutte quelle persone fossero accorse per una chiamata poetica a assistere a una cerimonia in gran parte segreta e fossero lì radunati insieme con un cuore massimamente buono, si sentiva soprattutto quello.

La veloce processione, il più delle volte degli uomini di fede che sorreggevano un baule di legno contenente un dono o una reliquia, non aveva quale grande fascino. Il Buffalo RoundUp fu qualcosa di opposto: l’attesa e il seguito della festa ebbero un carattere così ordinario da risultare bello nella sua semplicità, ma tutta la poesia si consumò esattamente in quell’ora e trenta di cavalcata di squadra, all’inseguimento dei 1300 bisonti del Nord America che vivono oggi queste praterie. Uno degli ultimi grandi eventi dell’Old West.

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