Una mattina in cui l’aria era limpida e fresca, Moises e suo papà Juan, il pilota, erano pronti a decollare. Mentre sorvolavano la zona del Rio più remota e sconosciuta, dove la foresta era così fitta che non si riconosceva dove finiva un albero e dove cominciava quello accanto, furono colti da un improvviso temporale. La coda del monsone li fece tremare in cielo, come zanzare sotto a un ventilatore e un fulmine impertinente passò così vicino all’aereo, che il motore, per lo spavento, si fermò.
Juan era un pilota esperto ma non si accorse che il piccolo Moises fu sbalzato fuoribordo, quando si avvitarono in una piroetta.
La fortuna e il paracadute vollero che Moises fece un atterraggio delicato, rallentato dalle nuvole, dalle foglie e da una grande pozzanghera di fango che lo fece scivolare liscio fino ai limiti della foresta di mangrovie.
La prima persona che Moises vide una volta ripulito il fango dai suoi occhiali fu Mira. Una bambina dagli occhi scuri, con un pappagallo poggiato sulla testa le cui piume avevano più colori del cielo al tramonto. Con un gesto lei lo invitò a seguirla attraverso la giungla fino a un piccolo villaggio di capanne, sulla sponda del fiume.
Una donna con i capelli lunghi e la pelle dipinta di rosso li aspettava all’ingresso del villaggio con un messaggio per Moises. “Il vento mi dice che sei arrivato dal cielo e sono felice che la terra ti sia stata amica. Il grande insetto di ferro è atterrato oltre la collina vicino alla laguna. L’uomo che era con te è salvo, sta legando tra loro dei giunchi, credo che voglia farne una canoa. Prima che la luna sia piena lo vedremo passare sul fiume davanti al villaggio. Fino ad allora sarai il benvenuto e Mira, mia figlia, sarà la tua guida.” Gli diede una carezza sulla testa ed entrò in una capanna. Moises si fidò di quelle parole, eppure si voltò verso Mira stupito: “Ma…Come fa…a sapere?”. Mira scoppiò in una risata sonora e da quel momento furono inseparabili.
I giorni al villaggio passavano allegri aspettando l’arrivo di Juan dal fiume e Moises imparava a conoscere le meraviglie della giungla e della tribù dei Nawa, insieme a Mira e a Pico, il pappagallo.
Un mattino, mentre esplorava la collina alle spalle del villaggio, Moises scivolò su di un sasso vischioso e si ferì una gamba. Sentì un dolore acuto dove si era aperto un profondo taglio e nello stesso momento una voce alle sue spalle richiamò la sua attenzione. Si voltò e non vide nessuno, ma notò che dalla corteccia di un albero vicino colava una resina scura. D’istinto ne prese una goccia e la passò sulla ferita. “Brucia!”, pensò, ma non ebbe il tempo di pensarci perché all’improvviso dalla giungla si levò una musica meravigliosa mai sentita prima.
Pareva che ogni pianta, ogni fiore, ogni foglia e ogni radice vibrasse di una propria frequenza e che la giungla intera suonasse come un’orchestra. Moises era estasiato dalla bellezza della musica e quando si accorse che la resina sulla sua ferita stava sigillando il taglio riconobbe anche la voce dell’albero nella sinfonia, che lo aveva chiamato a sé per offrirgli la sua medicina. Corse al villaggio con tutta la gioia che aveva nelle gambe e il cuore pieno di musica. Appena sbarcato dalla sua canoa di giunchi, al villaggio c’era Juan, il suo papà.
Si riunirono felici in un abbraccio e Moises raccontò del suo incontro con i Nawa e della musica che aveva sentito nella giungla.
Juan lo strinse forte e disse: “Oggi hai ascoltato la voce della giungla, figlio mio. Anche io come te, quando ero bambino sentii per la prima volta quella voce, e da allora volo per i cieli per proteggere la giungla dagli incendi e dai pericoli dell’uomo. Quell’albero ha voluto offrirti la sua medicina, e tu hai saputo ascoltarlo. Sono così fiero di te.”
Era arrivato il tempo di ripartire.
Juan e Moises salutarono i Nawa, Mira e Pico il pappagallo e si misero in viaggio verso la città.
Da quel giorno, ogni volta che Juan partiva in volo verso la giungla, Moises andava con lui per passare dei giorni con i Nawa ad ascoltare la voce della giungla per imparare a conoscere i segreti delle piante e delle loro medicine e per ridere con Mira e le cicale al tramonto.