Terra Australis Incognita

Testo di Paola Corini
Fotografie di Luca De Santis

Sir Joseph Banks era giovane, abbiente, inglese e pensava fortemente che l’illustrazione potesse venire in aiuto alla storia naturale per registrare informazioni su animali e piante. Il disegno fu centrale nella costruzione del sapere scientifico del mondo naturale al tempo dell’Illuminismo.

Presidente della Royal Society, nel 1780 Sir Banks era riconosciuto ormai come la figura centrale dei “we discoverers”, un gruppo di veterani e aspiranti esploratori basati a Londra. Banks chiese a due artisti di accompagnare Cook nel suo primo viaggio a Tahiti e disegnare. Sydney Parinson e Daniel Solander e tutti quello che vennero dopo fecero delle scelte su quali caratteristiche morfologiche includere nei loro disegni, in una peculiare economia dell’attenzione che agiva già a partire dall’atto della visione.

Ne andava della comprensione, della classificazione, della tassonomia di specie a volte mai viste prima. Farfalle, falene, vespe, cicale, mosche, scarabei, pteropi – grandi pipistrelli dalla testa grigia, detti anche volpi volanti – con ali spiegate e corpi come pinzati ai bordi del foglio. Uomini di conoscenza avrebbero impugnato quei disegni e li avrebbero studiati. Di certo non trovarono lucertole, serpenti, nessun rettile esisteva a Tahiti e isole, solo qualche geco diurno, eppure le leggende ne erano piene. 

Un uovo trovato e conservato da due bambini come un giocattolo con sorpresa, l’uovo si schiudeva e ne usciva una lucertola che ingoiava i bambini incustoditi e poi correva su per la montagna e poi ricadeva in mille frantumi che generavano alberi fragili di bambù. Una lucertola correva giù per le pareti di una grotta delle acque scure e finiva nella laguna. Una lucertola sgattaiolava in cima al cielo, pareva un pesce per quella pelle a scaglie e la sua forma sinuosa. 

Una lucertola sgattaiolava in cima al cielo, pareva un pesce per quella pelle a scaglie e la sua forma sinuosa. 

In qualche modo, alla stessa maniera, i primi uomini imbarcati su quelle spedizioni e su tutte quelle che seguirono presero carta e penna diremmo oggi, e annotarono su giornali di bordo personali ciò che videro, fermarono e definirono ciò che gli accadde là e lo trasformarono in sapere, come a dire che nella scelta delle parole usate per descrivere quei primi incontri ci fosse modo di fissare, nominare e forse comprendere a posteriori – spesso sicuramente fraintendere – il genere umano che abitava quelle terre.

Non erano “diari segreti”, erano racconti scritti con intenzione, per essere letti dall’Ammiragliato, da una moglie. Le belle tahitiane erano spesso evocate con nomi presi in prestito dalla mitologia biblica e antica, erano Eva, Elena e Venere.

Questi miti-spiegazione del mondo crearono l’allegoria di Tahiti Isola dell’Amore. Ecco la potenza di tutto ciò che arriva dal mare e del mito come primo modo possibile di apprendere e trasferire, un’“invenzione” antropologica per dare senso a una cosa aliena. 

Secondo lo statunitense Marshall Sahlins, grande studioso della società polinesiana, ogni cultura contiene ed è capace di spiegare il mondo intero. Le culture sono sempre universali nella loro portata e capaci di integrare oggetti e persone straniere dentro a un quadro di significato. Ogni società conosciuta della storia è una società globale, ogni cultura un ordine cosmologico, che ingloba l’universo intero nel suo schema culturale.

La Endeavour gettò l’ancora a Matavai Bay, Tahiti, per osservare il transito di Venere attraverso il Sole che era atteso il 3 giugno 1769 e così calcolare la distanza del Sole dalla Terra.

Oltre questa missione ufficiale, l’ordine segreto era di cercare un grande continente dell’emisfero sud, quella Terra Australis Incognita, la terra ipotizzata per primo da Aristotele, che doveva in qualche modo esistere in quelle acque meridionali per mettere in pari la bilancia del globo, sotto ogni punto di vista. 

Fu sempre Banks a decidere e imbarcare sulla nave di Cook Tupaia, nativo del Pacifico, cartografo, marinaio esperto, navigatore, per guidarli nelle isole attorno a Tahiti, che in seguito chiameranno Arcipelago della Società, e per ricondurre il capitano in Inghilterra. 

Tupaia disegnò una mappa, con al centro Tahiti e intorno 72 isole. Oggi ne disegniamo 118, raccolte in cinque arcipelaghi, isole vulcaniche e isole coralline, quattordici inabitate, e Tahiti è la più grande. 

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