Monsaraz, Alentejo, Portugal. Si esce dalla fattoria solo se ce n’è bisogno, è il patto che abbiamo stretto subito io e il mio compagno di viaggio.
E i casi si contano sulle dita di una mano, ma sono necessari. Il mercato locale di Estremoz il sabato mattina presto, il mercato contadino più ricco e bizzarro del Portogallo, una fiera ancestrale di pulcini e tacchine, pappagalli, conigli, trecce di salsicce artigianali, nere di interiora di maiale e sangue cotto e aglio, canestri di pani e formaggi, verze e erbe aromatiche.
Qui si dice ancora: “Carne que baste, vinho que falte, pão que sobeje” (Carne quanto basta, meno vino del necessario, pane in abbondanza). Quando ci siamo stati doveva essere ancora la stagione delle arance, perché ricordo le strade di marmo di Vila Viçosa straboccare di alberi di agrumi maturi e il palazzo ducale dei nobili Braganza chiuso ai visitatori.
Si esce almeno una volta per la bella città alta di Monsaraz con i tappeti di lana fatti a mano della Signora Mizette e la grande veduta del fiume Guadiana e del confine con la Spagna.
Per la visita a tutti gli antichi forni di terracotta del paesino di São Pedro do Corval, un paese un mestiere.
Infine per un pasto antico alla taverna Adega Velha a Mourão tra tauromachie e avventori che parlano spagnolo.