São Lourenco do Barrocal

Testo di Paola Corini
Fotografie di Luca De Santis

Monsaraz, Alentejo, Portugal. Ci vengono consegnate due mappe, una numera gli edifici della fattoria: la cantina, gli antichi silos di cereali, le stalle, l’orto e la piscina, i recinti di pietra, il ristorante, le camere e i cottage, la bottega, la Spa. La seconda mappa illustra i sentieri e gli incontri della tenuta: i menhir di pietra, i dolmen neolitici, lo stagno, i campi di cereali, l’uliveto, i vigneti, la postazione per osservare gli uccelli, la diga romana, il cammino per il castello di Monsaraz, l’accesso all’acqua del lago Alqueva, i prati da picnic, l’ombra di sughereti e querceti.

Immaginatevi, se potete, che ognuna di queste cose si esprime in numeri sbalorditivi e il conto è presto fatto: 275 giorni di sole all’anno distribuiti su 7,8 milioni di metri quadrati in comunione con la natura, che ogni anno a São Lourenco si sveglia ad aprile e a maggio è già pronta per il primo raccolto. 

La fattoria è tornata produttiva, per amore e preveggenza di José Antonio Uva, ottava generazione, giovane uomo rispettoso del passato, che ha deciso di ridare vita al monte del Novecento che i suoi avi chiamavano casa e lavoro. Un monte era un antico piccolo villaggio contadino dove vivevano in un unico spazio privato il fattore e le famiglie operaie.

I ritmi di vita della tenuta oggi, tra storia e modernità, ricordano i giorni migliori che scorrono nelle foto d’epoca della famiglia sorridente, con le tavolate della Domenica di Pasqua e l’agnello stufato della tradizione, le fiere del bestiame in cortile, le vendemmie di fine ottobre, le processioni, le rondini chiassose che migrano in Africa con il freddo, le donne degli anni Quaranta, addirittura sugli sci in villeggiatura in una Europa piena di neve. 

Una ricca comunità agreste che brulica e che non smette di sorprendere per originalità: in fase di completamento nei boschi della tenuta una residenza per ospiti disegnata da John Pawson.

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