Portogallo e Isole Azzorre

Testo di Paola Corini
Fotografie di Luca De Santis

São Miguel, Açores.
La prima cosa che si incontra sono le belle piantagioni di ananassi Arruda, dove da cento anni le ananas sono divise come bambini in classi di età, dai quattro mesi le serre vengono riscaldate la notte con le stufe, si usa dire che dormono in “letti caldi”, e così completano tutte insieme la loro maturazione.

Arrivano sicuramente da qui le ananas aspre che la Signora Oliveira e tutte le donne dell’isola usano per fare la marmellata della colazione e per la popolare torta all’ananas, che zuccherina, caramellata, fantastica chiude tutti i pasti. In ogni isola dell’arcipelago si usa tutto ciò di buono che nasce nella propria isola, non si importa quasi nulla, non si esporta quasi nulla.

Per noi è già nostalgia.
Delle specialità, dei mestieri e delle visioni che sappiamo essere qui e non altrove, perché è così che vorremmo che fosse ancora tutto il mondo visitabile.

Le ananas sono le Arruda, il cha preto, il tè nero, viene dalle terrazze della fabbrica Gorreana, a volte da Porto Formoso, a nord, dall’altra lato dell’isola, le due uniche piantagioni commerciali di tè d’Europa e qui non vedrete marchi “stranieri”.

Tutte le tortine di uovo, mandorle e zucchero si incartano una a una a Vila Franca de Campo secondo la prima ricetta delle monache e poi partono per ogni ristorante dell’isola.

Si cuociono a Furnas il bolo levedo migliore e il cozido migliore e per consuetudine si va a consumarli lì, approfittando anche di un bagno nelle fonti calde e scure. Per un’isola lunga 62 chilometri e larga 16, direte voi, è anche comprensibile mettersi in macchina per una voglia.

Per un’isola in pieno oceano Atlantico, geograficamente indecisa tra America, Europa e Africa, è un’attitudine festeggiare ciò che è disponibile e quindi unico. Sono certezze che rendono la vita delle Azzorre piacevole per l’animo umano del visitatore più genuino e romantico. Tutto quello che sappiamo e amiamo dell’isola, l’abbiamo imparato da Joana, che ora vive in Italia, sapendo di tornare ogni sera a dormire in una casa rosa açoreana [Pink House].

La processione con banda a Furnas, la collezione di storia naturale del Museu Carlos Machado, la vasca calda e il parco botanico Terra Nostra, la discesa nel Lagoa do Fogo, il pescato del giorno al Bar del porto di Caloura, la bistecca con le teste d’aglio di Alcides, la più famosa e succosa della città, Sete Cicades, il risotto con le lapas, le patelle, e i pesciolini fritti da Mané Cigano, solo a pranzo prima che si faccia la coda in strada, il centro d’arte Arcipelago.

Troppo cibo buono, del resto siamo in Portogallo. All’inizio di questa storia stavamo guidando la prima volta verso Pink House su Rua José Medeiros Cogumbreiro. Superiamo una porta-passaggio di pietra verso un bosco di bellezza selvaggia che sembra eretto solo per aumentare la nostra meraviglia. Iniziano le mura tinte di rosa e un eden tropicale, abbondano calma, uccelli e farfalle.

“Tutte le case tinte di rosa che avete incontrato per arrivare qui appartengono alla nostra famiglia”. Per altra via suggerita dall’iPhone, ci infileremo con la nostra auto tra alti recinti di pietra vulcanica di campi deserti di mucche, senza sapere se siamo abbastanza piccoli da non sfregare la carrozzeria. 

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