Rispetto alla pittura, la fotografia ha un difetto evidente: per rappresentare un soggetto, deve avercelo davanti. Poi le immagini possono essere manipolate, trasformate, stravolte, riprese da un archivio e riappropriate, ma alla loro origine c’è in ogni caso un rapporto di vicinanza. Per questo i fotografi hanno sempre seguito i grandi viaggiatori, da Frémont a Flaubert, affiancandoli nelle loro imprese. Per questo molti fotografi sono innanzitutto instancabili esploratori. La fotografia è cambiata radicalmente nel corso del tempo. Grammatica, usi, funzioni, tecnologie… tutto si è modificato. È cambiato il mezzo stesso, per cui oggi si fotografa con telefoni cellulari, webcam e Playstation. Eppure la pratica del viaggio rimane una costante. È vero, si potrebbe guidare una fotocamera a distanza attraverso la rete e riprendere tutte le immagini che si desidera a migliaia di chilometri di distanza, ma i fotografi non lo fanno. Come visitare una mostra o andare a teatro, fotografare è un’esperienza di confronto che avviene nello spazio. Le immagini raccolte qui, realizzate nel corso degli ultimi anni, sono il frutto della continua iterazione di questo processo. Il viaggio del fotografo è un acceleratore di prossimità. È una questione fisica. Corporale. Atletica.
Un guscio di tartaruga per cappello, da The Jungle Book, 2016. Provincia di Bolívar, Perù. Dopo mangiato, il guscio di tartaruga diventa un gioco per i bambini. I popoli che vivono lungo il Río Curaray considerano la carne di questo animale un piatto prelibato. Yann Gross (1981, Vevey, Svizzera) vive tra la Svizzera e la foresta pluviale amazzonica.
Ashley al Ben Burton, da One Sun, One Shadow, 2011.
Questa immagine analizza il rapporto tra la musica e il paesaggio del Sudamerica, esplorando la musicalità della vita quotidiana. Shane ha viaggiato nel Sud fotografando luoghi e persone che suscitavano in lui un’emozione, un suono. Ashley è una sconosciuta incontrata in un parco di Athens, in Georgia, mentre era seduta su una roccia accanto a un ruscello: in quel momento, a Shane, la scena è apparsa bellissima e senza tempo. L’ha fotografata solo per poco, ma la ragazza era molto presente. Il ritratto cattura un attimo in cui sembra persa nei suoi pensieri e il fotografo ha percepito nei suoi occhi lo svolgersi di una storia.
Shane Lavalette (1987, Burlington, Vermont).
Ragazza su pickup grigio, dalla serie Between Borders, 2010.
In questa piccola comunità poco a sud del confine con gli Stati Uniti, la gente si è fatta una vita tra la città di Reynosa, in rapida espansione, e i disordini provocati dai trafficanti di droga e da quelli che tentano di attraversare illegalmente la frontiera. Come molte sue coetanee della comunità, questa ragazzina è destinata a frequentare la scuola fino ai quindici anni e poi ad aspettare di sposarsi. In questo modo potrà andarsene via oppure rimanere a fare la casalinga. La comunità sopravvive vendendo acqua e bestiame ai ranch della zona.
Il messicano Alejandro Cartagena (1977, Repubblica Dominicana) vive e lavora a Monterrey, in Messico.
Tirana, 2016. La TID Tower è una nuova torre, nel pieno centro di Tirana, progettata dallo studio belga 51n4e. La torre, che contiene uffici, negozi e un grande albergo, rappresenta la rapida crescita economica e sociale che la città, e l’Albania, sta conoscendo. Mostra però anche il divario esistente tra la nuova/futura Tirana e quello che la circonda, che fatica a tenere il passo. La torre è un punto di vista privilegiato da cui osservare la città e immaginare cosa diventerà, nel bene o nel male.
Alberto Sinigaglia (1984) vive e lavora a Vicenza.
Il vampiro della West Coast. 31 maggio, Elandsbaai, Sudafrica. Kent ha scovato questo ragazzino che giocava a calcio con un gruppo di amici. Casualmente indossava quei denti finti da vampiro che in genere si mettono a Halloween. Elandsbaai è un paesino rurale noto per il surf, il che fa apparire questa immagine fuori contesto. In più era maggio e il ragazzino non aveva motivo di infilarsi quei denti. Kent gli ha chiesto se poteva scattargli una foto, lui ha accettato e si è messo pazientemente ad aspettare che il fotografo regolasse la messa a fuoco, poi è tornato a godersi la partita.
Kent Andreasen (1991) abita a Città del Capo, Sudafrica.
Dalla serie The First Day of Good Weather, 2013.
Tohoku, Japan. Scattato nelle zone del Giappone distrutte dallo tsunami, questo è un lavoro sui modi e le strategie che ognuno di noi mette in atto per andare avanti dopo un trauma o una tragedia. Nei ritratti il fotografio cerca sempre un’azione, una presenza di corpo forte anche se scomposta, che esprima uno dei tanti modi che abbiamo per rimanere inchiodati al mondo.
Vittorio Mortarotti (Torino, 1982) è un fotografo italiano.
Il Centro espositivo panrusso, chiamato anche VDNKh, fu costruito nel 1939 sotto forma di grande parco espositivo con imponenti padiglioni che mostravano le conquiste industriali e le ultime invenzioni degli scienziati sovietici. Diventato oggi uno straordinario monumento all’epoca sovietica, è un luogo di Mosca molto frequentato, grazie a numerosi spettacoli e festival. In una delle piazze centrali del complesso è esposto il razzo Vostok, un tempo usato per il lancio della leggendaria navicella spaziale Vostok di Jurij Gagarin, che il 12 aprile 1961 fu il primo uomo a volare nello spazio. Maria Gruzdeva (1989) è una fotografa di origine russa che vive a Londra.
Dalla serie Field Trip, Israele, 2009-2011. Martin Kollar (1971, Zilina, Cecoslovacchia, ora Repubblica Slovacca).
Turistas en la Sagrada Familia, Barcellona, estate 2016.
Questa foto fa parte della serie commissionata dalla rivista M, le magazine du Monde. Il compito del fotografo era sviluppare un percorso sul fenomeno del turismo a Barcellona. Nell’immagine cerca di stabilire un parallelo tra l’aspetto di una turista e quello della facciata della Sagrada Familia, edificio emblematico della città.
Ricardo Cases (1971, Orihuela, Alicante).
Senza titolo, Sudan. Andando verso nord, per raggiungere la Nubia, ai bordi della strada che attraversa il deserto sul confine occidentale del paese, Giorgio nota delle forme nere come grosse lingue o pelli di rettile scuoiato. Non è immediato capire che si tratta di frammenti di copertoni dei camion che ogni giorno attraversano il deserto. Le forme e le ombre proiettate sul suolo lo colpiscono moltissimo, il nero levigato dalla sabbia della gomma, i fili dell’armatura interna come dei tendini sfilacciati, dei fasci muscolari adagiati sul terreno bollente. Trova qualcosa di diabolico in quelle composizioni casuali. Giorgio Di Salvo (1981, Milano).
Common Ground #7. Parte di una serie il cui intento è mostrare come le architetture ordinarie, nella loro complessità e spontaneità, presentino caratteristiche del tutto simili alle architetture colte ed internazionalmente riconosciute. Questa foto, scattata nel febbraio 2016, rappresenta gli spazi comuni di un anonimo complesso abitativo in una cittadina nell’isola di Fuerteventura. Delfino Sisto Legnani (1986, Milano) vive e lavora a Milano.
Łódź, ottobre 2016. Łódź, chiamata anche Lodz, è la terza città della Polonia per dimensioni. Situata nel cuore del paese, ha una popolazione di 698.688 abitanti (dati del 2016) (…).
Prima del 1990 la sua economia era incentrata sull’industria tessile, che si era sviluppata nel XIX secolo a causa della composizione chimica delle acque cittadine. Grazie alla crescita di questo settore, la città viene a volte definita la “Manchester polacca”. (Fonte: Wikipedia)
Piotr Niepsuj (Łódź, 1984) è nato in Polonia ma vive a Milano. Torna nel suo paese natale più o meno due volte all’anno.
E adesso? Belo Horizonte, Brasile, 2015. Negli ultimi anni Emilia ha visitato più volte il Brasile, ma quel viaggio era diverso. Era la prima volta che viaggiava da sola con mio padre, un architetto: due settimane, quattro città, il modernismo brasiliano. Quella mattina, una delle ultime, stavano passeggiando in centro. C’era un uomo seduto sotto a un albero in mezzo a un’enorme rotonda. Ha un’aria leggermente malinconica, come i fiori rossi che cadono per terra. Nelle sue foto, Emilia cerca di catturare attimi come questo, in cui il tempo sembra sospeso.
Emilia von Senger (1987) vive e lavora a Berlino.